Pazienti con fibrillazione atriale: Irbesartan riduce l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco  


 L’obiettivo dello studio ACTIVE-I è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di Irbesartan ( Aprovel ), un bloccante il recettore dell’angiotensina, rispetto al placebo tra i pazienti con fibrillazione atriale.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a Irbesartan ( n=4.518; dosaggio iniziale di 150 mg con titolazione fino a 300 mg in base alle necessità ), oppure placebo ( n=4.498 ).

I pazienti dello studio stavano anche assumendo Ace inibitori ( 60% ), beta-bloccanti ( 55% ), diuretici ( 54% ), calcioantagonisti ( 27% ), Digossina ( 35% ), antagonisti della Vitamina K ( 38% ).

Il 65% dei pazienti presentava fibrillazione atriale permanente, il 20% parossistica e il 14% persistente.
Al basale, il 19% dei pazienti era in ritmo sinusale. Un terzo dei pazienti aveva una storia di insufficienza cardiaca.
La pressione sanguigna media al basale era di 138/82 mmHg.

Nel gruppo Irbesartan è stata osservata una riduzione di 6.84 mmHg di pressione sistolica e 3.93 mmHg nel gruppo placebo a 2 anni.
La pressione diastolica si è ridotta di 4.51 mmHg nel gruppo Irbesartan e 2.63 mmHg nel gruppo placebo.

Non è stata riscontrata nessuna differenza tra i gruppi di trattamento riguardo all’endpoint primario di morte vascolare, ictus, o infarto miocardico, che si è presentato nel 5.4% di ciascun gruppo ( hazard ratio, HR=0.99; p=0.846 ).

Non è stata osservata alcuna differenza nell’endpoint co-primario di morte vascolare, ictus, infarto miocardico, o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca ( 7.3% versus 7.7%; HR=0.94 ; p=0.12 ).

L’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca si è presentata meno frequentemente nel gruppo Irbesartan ( HR=0.86: p=0.024 ); l’ospedalizzazione per eventi cardiovascolari era meno comune con Irbesartan ( p=0.003 ), ed anche il numero di giorni di ospedalizzazione ( p<0.001 ).

Non c’è stata nessuna differenza nell’incidenza di ictus ( 2.1% versus 2.3%; p=021 ), ma in un’analisi post-hoc l’incidenza del composito di ictus, TIA ( attacco ischemico transitorio ) o embolia non interessante il sistema nervoso centrale, era più bassa con Irbesartan ( 2.9% versus 3.4%, HR=0.87; p=0.024 ).

Dallo studio è emerso che tra i pazienti con fibrillazione atriale, il trattamento con Irbesartan non era associato ad una riduzione dell’endpoint composito di morte vascolare, ictus, o infarto miocardico o del composito che ha contemplato anche l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco, nel corso di un periodo osservazionale di 4 anni, rispetto al placebo. ( Xagena_2009 )

 Fonte: European Society of Cardiology ( ESC ) Congress, 2009

 

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XagenaFarmaci_2009